La triste evenienza del coronavirus ha però un sia pur piccolo vantaggio: quello di poter parlar male delle Regioni, giusto nel cinquantenario della loro istituzione: 1970 prime elezioni regionali in tutta Italia ad eccezione s’intende delle cinque che godevano già allora (si fa per dire) della autonomia speciale, in testa la famigerata Sicilia, prima in assoluto ad ottenere il nuovo regime (1946) del quale ognun vede a che è servito. Si è visto in questi mesi il comportamento delle Regioni , tutte, dal Nord al Sud avversarie dello Stato centrale, tese a spadroneggiare con regimi e ordinanze che hanno recato solo un contributo di confusione, altamente negativo, in una contingenza così grave. Della quale non parlo dato che ne parlano tutti, a proposito e a sproposito, medici e luminari compresi, e francamente detto chiaramente non se ne può più. Ma torniamo alle regioni che fra l’altro come ricordavo fanno un bel compleanno: mezzo secolo! Una quindicina di giorni fa Sabino Cassese ha dedicato da par suo al tema un paio di magistrali articoli, uno sul Sole24Ore, l’altro sul Corriere della Sera. Di modo che non mi resta che rubacchiargli qualche notizia e qualche notazione. L’errore primario fu quello di prevederle in Costituzione e qui mi tolgo il cappello perché a volerle fortemente, a cominciare dalla Sicilia, fu Don Luigi Sturzo che nelle autonomie locali credeva molto anche sulla base della sua esperienza di amministratore. Ma si dimenticò del duro giudizio di Leopoldo Franchetti, che nel 1876 in visita in Sicilia con Sidney Sonnino, lasciò scritto più o meno (cito a memoria) se si dovrà dare autogoverno alla Sicilia che ciò avvenga escludendo i siciliani, capaci solo di azzannarsi l’uno contro l’altro. Ma questo valeva e vale per la sola Isola. L’idea di creare venti potentati in tutta Italia fu davvero balzana e ci se ne dovette accorgere, dato che il dettato costituzionale venne attuato ben ventidue anni dopo, a tardo centro sinistra iniziato. Su tutta la vicenda pesava la questione delle così dette regioni rosse (Emilia, Toscana e via enumerando) che la DC non vedeva ovviamente di buon occhio. Ma si dovettero fare anche per le pressioni dei socialisti nella maggioranza di governo. E le regioni rosse andarono puntualmente ad altrettanti esponenti del PCI e del PSI. Oggi quelle regioni sono contese dalla Lega ma resta il fatto della pessima prova data senza eccezione in tutta la loro storia, ma particolarmente in questa circostanza così grave e triste. Il moltiplicarsi di una ventina di classi dirigenti sgangherate e spesso corrotte (salvo qualche nobile eccezione al Nord). L’affluenza alle urne è andata scemando, nessun contributo è venuto al ripianamento del divario fra Nord e Sud nonostante che molti di quei statuti regionali contengano ipocritamente l’impegno a contribuire alla soluzione della questione del Mezzogiorno! Quanto alla famigerata Sicilia meglio tacere. Oltre settant’anni di autogoverno hanno inverato il monito di Franchetti. Ma ormai la frittata è fatta e le dimensioni la rendono immangiabile e indigeribile.
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